Sunday, October 02, 2005

FRASCATI - Città del Vino - Sito Ufficiale

Quasi tutti i Castelli Romani sovrastano — come gemme sugli apici di una corona — il cerchio esterno del grande cratere vulcanico dei Colli Tuscolani, poi dei Colli Albani sino al Monte Artemisio (925 m. s.l.m.) per risalire al Maschio Lariano (821 m. s.l.m.) e quindi al Monte Salomone (773 m. s.l.m.) a Nord e ricongiungersi, infine, ai Colli Tuscolani. Il piccolo cerchio interno è costituito dal Monte Cavo (949 m. s.l.m.) e dal Monte Faete (956 m. s.l.m.). Ma, venendo da Roma, tutta la zona è dominata dal Monte Cavo, con il suo profilo tipico per la vetta pianeggiante. Sembra essere il vulcano centrale, mentre è soltanto il deposito dei detriti accumulati dalle eruzioni dei crateri principali, che sono il Lago di Albano, quello di Nemi e quelli ora bonificati di Ariccia e Pavona.

Il vino "Castelli Romani" D.O.C. è stato l’ultimo, in ordine di tempo, ad essere riconosciuto. La guerra delle botti: già negli anni ’60, all’epoca dei primi riconoscimenti, si pose la questione se preferire una sola denominazione per tutta la zona o singoli riconoscimenti per ogni territorio. La vicenda fu dibattuta con tale foga da passare alla storia con la denominazione di "Guerra delle botti". Prevalse, per molte motivazioni, la scelta di riconoscere zona per zona, ma ora, con la nuova Legge, tutto è superato, poiché essa consente la coesistenza di due D.O.C. sugli stessi vigneti, lasciando al produttore la facoltà di optare per l’una o per l’altra al momento della vendemmia. La funzione della doppia D.O.C. e della D.O.C. Castelli Romani: molti produttori offrono vini da monovitigno — generalmente la Malvasia puntinata, detta anche del Lazio o Greco — per soddisfare tutte le più varie esigenze dei consumatori; oppure, in zone ove è tutelata la sola produzione del bianco, producono anche vini rossi in piccole pregevoli quantità. Ora, con la D.O.C. Castelli Romani, anche i rossi con gli apprezzati novelli sono tutelati e così i rosati da essi derivati, vini che vantano molti estimatori. Sia i vini bianchi che quelli rossi o rosati, sono comunque caratterizzati dalla fragranza dei fiori dell’uva e dalla piacevolezza nel berli, un bicchiere dopo l’altro, con tutte le vivande ed anche fuori pasto.

Il territorio di produzione: vi sono zone limitrofe ai Castelli Romani di espansione per i viticoltori delle zone già tutelate dalle varie D.O.C., ove ricorrono condizioni ambientali eguali o molto simili e dove, inoltre, gli agricoltori locali hanno una cultura agronomica ed enologica pari a quella dei loro amici "castellani". Tali zone, date le ricordate premesse ambientali e colturali, sono state incluse nel territorio della più vasta D.O.C." Castelli Romani.Pertanto, oltre alle aree delle singole zone dei castelli, il territorio con denominazione generica "Castelli Romani" comprende anche i territori di Rocca di Papa e Rocca Priora, a pieno titolo Castelli Romani, i comuni di Ciampino e Lariano, recentemente scorporati dal vecchio territorio di Marino e Velletri e quindi, sin da allora, riconosciuti nelle relative zone a D.O.C. Similmente, i territori di Zagarolo e San Cesareo, già riconosciuti nella D.O.C. Zagarolo. Invece, per le ricorrenti condizioni geografiche ed umane, sono stati inclusi i territori di Cori e parte di quelli di Cisterna e di Aprilia; peraltro, Cori ed Aprilia usufruiscono già di una loro D.O.C. specifica.

I vitigni I vitigni sono quelli della più antica tradizione delle varie zone sia per il bianco che per il rosso e conseguentemente per il rosato. I metodi di allevamento, storicamente, si differenziano da zona a zona, ma tutti avevano le canne quale sostegno e mai, come frequente in altre parti d’Italia, la "Vite maritata agli alberi", sostenendosi, cioè, ai rami di alberi a foglia caduca in vegetazione.All’inizio del secolo si diffuse la coltivazione a filari, mentre negli anni ’80 quello a tendone per la possibilità di lavorazioni meccaniche incrociate e per la maggiore espansione foliare occorrente per la elaborazione degli zuccheri ed anche per incrementare la "produttività"; ora molte situazioni sono cambiate: è migliorata la meccanizzazione della vite a filari, si è accertata una diversa fisiologia della vite, nonché, principalmente, l’obiettivo primario in tutta la filiera vite-vino è divenuto il miglioramento qualitativo del prodotto. Per queste ragioni si è ora tornati all’impianto viticolo a filari con i sistemi di allevamento a cordone speronato, alla cazenave ed alla gouyot semplice o bilaterale, con una maggiore densità di ceppi per unità di superficie ma, logicamente, con la consapevolezza delle esigenze di meccanizzazione e di tutti gli altri progressi conseguiti.

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